Il senso della vita (e la sua mancanza) si rivelano concetti complessi e sfaccettati, profondamente intrecciati con molteplici dimensioni dell’esperienza umana: dal benessere fisico ed emotivo alle relazioni interpersonali, dalla connessione con il proprio corpo alla consapevolezza di sé.
Questo tema, tanto affascinante quanto enigmatico, non permette risposte univoche, ma invita a una riflessione profonda sulle molteplici sfumature dell’esistenza.
Una possibile chiave di lettura risiede nella correlazione tra la perdita del senso della vita e la carenza di esperienze ludiche e fisiche.
Le attività ludiche e corporee, infatti, consentono una connessione diretta con il proprio corpo e le sensazioni fisiche, elementi fondamentali per l’unità psicosomatica. Le esperienze sensoriali primarie radicano l’individuo nel presente e nel proprio corpo, contrastando la disconnessione tra mente e corpo che può generare affaticamento e, in ultima analisi, una perdita di significato personale e relazionale.
Il gioco libero e spontaneo, inoltre, rappresenta una modalità naturale di espressione emotiva, scevra da filtri intellettuali. L’esplorazione e il gioco sono strettamente legati al sistema dopaminergico, cruciale per la ricerca, la curiosità e il piacere, elementi che alimentano l’entusiasmo e il senso della vita, contrastando l’anedonia. L’impegno in attività fisiche piacevoli e in sintonia con la propria natura promuove un piacere “egosintonico”, essenziale per un profondo senso di benessere e connessione con la propria esistenza.
Al contrario, l’inibizione emotiva può condurre a un appiattimento emotivo e a una diminuzione della vitalità.
Un’ulteriore prospettiva ci invita a considerare il dolore come una frattura dell’unità interiore. La frammentazione interna può infatti condurre a una perdita di significato.
Al centro di questa unità risiede il sé, connesso al piacere corporeo mediato dalla serotonina, all’affettività (ossitocina), alla gioia nelle relazioni (dopamina) e alla creatività. La serotonina, in particolare, è associata al piacere del corpo e alla capacità di sperimentare benessere e pienezza, contribuendo direttamente al senso della vita.
La depressione, spesso caratterizzata da una perdita di senso, è infatti associata a bassi livelli di serotonina e a una diminuzione del piacere corporeo.
La consapevolezza di sé, intesa come la capacità di percepire la propria natura profonda, rappresenta un elemento centrale per completare il modello psicosomatico umano. Questa consapevolezza interiore può condurre a percezioni più integrate e a un senso di dignità e valore personale più completo, influenzando positivamente il senso della vita.
Al contrario, la chiusura del cuore è considerata un evento significativo che compromette il sistema neuropsicosomatico e, di conseguenza, il senso della vita e l’armoniosa espressione delle emozioni.
Cosa possiamo fare quindi per riconnetterci un po’ di più al “senso della vita”?
Ritrovare il piacere corporeo primario (gioco) attraverso la serotonina e coltivare la consapevolezza del momento presente sviluppa un senso di appartenenza (relazioni) che rafforza il sé corporeo e contribuisce a un più radicato senso dell’esistenza. Lavorare sulla connessione corpo-mente, sull’espressione emotiva, sul riconoscimento del proprio valore e sulla riapertura del “cuore” può rappresentare un percorso significativo per riscoprire un senso di significato e vitalità.
La mindfulness psicosomatica e pratiche quali il bodyscan psicosomatico possono aiutare a percepire come la mancanza di senso di sé si manifesta nel corpo e a intraprendere un cammino di maggiore consapevolezza e integrazione.
Per cercare di ritrovare “il senso immenso della vita” [cit. Max Gazzè]